“Io ti amo”. Quante volte lo sentiamo dire? Tre sole parole e un’unica promessa, quella d’amore. Quando dedichiamo questa frase al nostro partner, stiamo siglando un patto, sancito da una promessa che dichiara amore eterno. È come se stessimo dicendo “ti prometto che ti amerò per sempre”. L’amore, infatti, spezza lo scorrere continuo del tempo, diviene eterno perché nel qui ed ora riempie il tempo e lo spazio.
Quando si è impegnati nella promessa dell’eros, non vi è pensiero che non rimandi in qualche modo alla persona amata.
Ma cosa vuol dire amare? Non può essere ricondotto al solo desiderio sessuale e fisico dell’altro, alla pulsione freudiana di avere possesso del corpo del partner. Deve contenere qualcosa di più di un semplice istinto riproduttivo darwiniano in grado di portare avanti lo sviluppo della specie.
Contrapposto a tale istinto primordiale e passionale, Schopenhauer parla di agàpe, sentimento di amore autentico che secondo l’autore si prova quando si è in grado di sperimentare la pietà, intesa come “sentimento di com-passione e di com-partecipazione nei confronti dell’altrui dolore” (Lorenzano, 2020).
Scheler lo definisce “l’essenza dell’intenzionale, dell’essere che si estende oltre se stesso” (Cusinato, 2007). Si tratta infatti di superare i confini fisici imposti dal corporeo, di abbandonare il proprio essere per far parte dell’essenza dell’altro.
Tutto ciò non può che rimandare in qualche modo alla spiritualità e all’amore etereo. Parlare di amore, in un certo senso, è come parlare di Dio, poiché è nella solitudine dell’animo e nell’infinito spazio esistenziale che si trascende il definito terreno fisico e materiale per raggiungere e immedesimare il corpo dell’altro.
Perdiamo il nostro egoismo e individualismo per acquisire l’identità dell’altro, per “abitare la reciprocità dello sguardo, del sorriso, della voce, del gesto, del movimento” (Galimberti, 2004).
È proprio quello scambio di sguardi fra Beatrice e Dante che diviene protagonista nelle sue opere e al quale “resterà fedele, pur fra mille debolezze, per tutta la vita” (Pinna, 2017), tanto da dedicare alla stessa Beatrice la terza cantica della Divina Commedia, la fine del suo viaggio.
Anche Omero, nella sua Odissea, lascia spazio all’esperienza dell’amore al termine del suo racconto, quando finalmente Ulisse torna a Itaca e dimostra a Penelope di essersi ricordato di lei nel suo lungo viaggio di solitudine.
L’amore, però, non è presente solo al termine del loro viaggio, ma accompagna i due protagonisti nell’impervio percorso, fungendo da guida. Si tratta, infatti, di un amore spirituale che non conosce attese e distanze.
“Amore non è Amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l’altro s’allontana. Oh no! Amore è un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai” (Shakespeare).
Amare significa saper portare dentro l’altro, l’oggetto amato, senza soffocarlo e, al tempo stesso, senza esserne sopraffatti.
Quando amiamo riceviamo un segno, come direbbe Recalcati (2019), il segno che ci ricorderemo di lui/lei in ogni istante della nostra vita, anche se fisicamente non è presente.
Amare vuol dire donarsi in assenza dell’altro.
Ma come si può amare qualcuno in sua assenza? Come si diventa capaci di attendere la sua presenza? Non è facile portare dentro l’altro senza soffrire. Ogni grande amore, infatti, porta con sé l’inevitabile sofferenza e dolore (Casoli, 2013). Il ricordo e la memoria, nonostante siano colmi di lieti momenti di felicità per il tempo trascorso insieme, sono al tempo stesso contenitori di un vuoto che non conosce completezza. Tuttavia, afferma Recalcati (2019) si tollera inevitabilmente quel muro che ci separa.
Quando si ama, infatti, si accetta la separatezza dell’altro, perché per la prima volta ci rendiamo conto di non poterlo possedere, ma solo condividere per qualche breve istante.
Recalcati (2019) ritiene che quando si ama si esclude la parzialità, perché si ama tutto dell’altro, ma per certi versi è un paradosso in quanto dell’Altro abbiamo solo dei frammenti. Accettiamo, in tal senso, la possibilità di ricevere dei pezzi della persona amata, ma che non ci appartengono del tutto. Riceviamo segni del suo amore, senza comprendere il senso della sua totalità. Amiamo, pertanto, le minuscole particelle che compongono il rapporto con l’altro e che costituiscono le fondamenta dell’amore.
“Tu mi hai rapito il cuore con un solo tuo sguardo” (Pinna, 2017). È in quel primo sguardo che Dante si ricorda di Beatrice e la rende l’oggetto da lui amato.
L’amore è sì un fatto totalizzante, ma si caratterizza per frammenti di ricordi. Amiamo in relazione ad essi e non alla totalità dell’altro.
Alla promessa d’amore, pertanto, si affianca inevitabilmente la promessa d’odio e del risentimento nei confronti di quelle parti che dell’altro potremo solo sfiorare e mai afferrare.
Non si tratta più di attuare una distinzione concettuale tra l’amore passionale, appartenente all’Eros, e quello disinteressato dell’agàpe, ma piuttosto di colmare quella mancanza che è presente in ogni essere umano, di ritrovare quel primo oggetto d’amore perduto che, come un fantasma, si nutre dei nostri timori e delle nostre vulnerabilità (Sibilla, 2022).
Accanto all’amore, infatti, troviamo la nostra più grande paura, quella dell’abbandono.
Quando però la paura del presunto abbandono prevarica e sovrasta il rapporto, il patologico irrompe nell’immaginario di coppia, spesso a causa “della difficoltà a confrontarsi con la differenza irriducibile … dell’alterità” (Sibilla, 2022). Quell’alterità che in principio era mancanza.
Per rimuovere la paura dell’abbandono, pertanto, è necessario rimuovere il reale, tutto ciò che dell’altro non può essere controllato.
Ed ecco che accanto all’amore di Eros si affianca Thanatos, la morte dell’altro come oggetto reale.
Se prima amavamo tutte le parti dell’altro, adesso quei difetti non li tolleriamo più. Non siamo più disposti ad accettare quei frammenti dei quali non possiamo avere il totale controllo.
Ma amare vuol dire tollerare anche la distanza dall’altro, il confine imposto non solo dal corporeo, inteso come spazio fisico, ma anche dal mentale. Si devono accettare inevitabilmente anche i pensieri e i punti di vista divergenti, che in una relazione patologica divengono micce in grado di far esplodere una guerra, una brutale violenza.
Per amare, per godere di uno scambio relazionale con l’altro dobbiamo pertanto accettare in noi quella primordiale mancanza a essere, con la consapevolezza che non vi è cosa o persona in grado di colmarla.
Anche se nella concezione pessimistica di Freud “l’amore per l’altro è l’amore di sé” (Porta, 2017), come una sorta di domanda narcisistica eterna di amore nei confronti del primo oggetto perduto, Lacan chiede di interrogarci sulla possibile esistenza di un nuovo amore, una nuova relazione che sostituisce quella mancanza a essere con una nuova promessa, quella dell’amore eterno, che non vede nella naturale distanza fisica e mentale un motivo di appiattimento, ma al contrario di alimento.
“E l’amore guardò il tempo e rise (…)
perché sapeva di non averne bisogno (…).
Poi finse di morire per un giorno,
nella commedia della vita, (…)
e rifiorì alla sera,
senza leggi da rispettare (…)
Ma poi si addormentò in un angolo di cuore
per un tempo che non esisteva (…).
Ma l’amore negato, offeso,
fuggì senza allontanarsi,
ritornò senza essere partito,
perché la memoria potesse ricordare (…).
Così mentre il tempo moriva, restava l’amore”.
(Rugolo, 2022)
Bibliografia
Casoli, P. (2013). Il mito di Penelope: l’attesa nella lontananza è impresa eroica. https://www.paolacasoli.com/
Cusinato, G. (2007). Max Scheler. Esistenza della persona e radicalizzazione della fenomenologia. Franco Angeli. https://iris.unive.it/
Galimberti, U. (2004). Amore e trascendenza. L’amore non è solo una vicenda umana. https://www.notedipastoralegiovanile.it/
Lorenzano, S. (2020). L’etica della pietà come amore puro: un salto da Schopenhauer a De André. https://etica-mente.net/
Pinna, S. (2017). Amore e perdono nella poesia di Dante: meditazione teologica sulla misericordia (seconda parte). Città di vita: bimestrale di religione, arte e scienza, LXXII (2), 169-188. https://www.academia.edu/
Rugolo, A. M. (2022). E l’amore guardò il tempo e rise. Poesie d’Autore. https://www.poesiedautore.it/
Porta, L. (2017). L’amour – a-mur – A-muro: una lezione di Lacan sull’amore. https://www.lauraporta.it/
Recalcati, M. (2019). Amore e Psiche. Lessico Amoroso. https://www.raiplay.it/
Sibilla, U. (2022). È l’amore. https://www.sibillaulivi.it/